La strega Nocciola non è stata inventata da Luciano Bottaro, ma è soprattutto grazie al Maestro di Rapallo che diventa uno dei character più interessanti dell’intero universo disneyano a fumetti.
Nocciola mi era molto simpatica, l’avevo tirata fuori dall’oblio con la storia dell’aspirapolvere fatato. Un giorno mi venne in mente che sarebbe stato molto divertente abbinarla a Pippo, che già aveva problemi con Eta Beta. Quel giorno traccia un frettoloso appunto a matita su cartoncino dal quale ricavai la prima storie che poi venne sceneggiata da me e da Chendi. (Luciano Bottaro)
Witch Hazel, questo il suo nome originale, nasce ufficialmente il 10 ottobre 1952, quando nelle sale cinematografiche americane esce Trick or Treat, un cortometraggio animato ambientato ad Halloween, diretto da Jack Hannah e sceneggiato da Roy Williams. Come consuetudine, il nuovo personaggio fa il suo ingresso quasi contemporaneamente anche nel mondo dei fumetti: il numero di novembre di Donald Duck, un comic book edito dalla Western, ospita infatti una riduzione a fumetti della storia animata, affidata a Carl Barks. La trama è tutta giocata sul tentativo – inutile – di convincere Paperino che le streghe esistono; anzi, contro ogni evidenza, il papero vestito alla marinara la ritiene una complice dei nipotini nel tentativo di terrorizzarlo per ottenere i dolcetti che tradizionalmente vengono offerti durante l’autunnale festività. La storia, pur graziosa, non ottiene molto gradimento, tanto che, per molto tempo, nessun autore americano se la sente di riprendere il nuovo character, rischiando di farlo finire nel dimenticatoio.
A ridare nuova vita a Nocciola ci pensa, pochi anni dopo, il giovane Bottaro, da poco entrato nella scuderia disneyana; colpito dalla versione italiana a fumetti (“Paperino e le forze occulte”, Topolino 56, 1952), nel 1955 decide di recuperare il personaggio. Nella simpatica strega il Maestro intravvede fin da subito notevoli potenzialità espressive, ritenendola un ottimo veicolo per liberare il proprio talento umoristico, all’epoca già incontenibile. In questa operazione di rilancio, a cui partecipa a vario titolo anche Carlo Chendi, Bottaro cerca di esaltare l’originale frustrazione della simpatica strega, allo scopo di promuoverla ad attributo identificativo. Ma non solo: nella storia d’esordio, “Paperino e l’aspirapolvere fatato” (Albi d’Oro 13, 1956), Nocciola usa le sue arti magiche per stregare l’aspirapolvere di Paperino, affinché risucchi tutto il denaro dello zio per costringerlo a sborsare una generosa somma a favore dei Giovani Esploratori. L’opera di recupero è così avviata: da un lato il tormentone della crisi di identità, dall’altro un profilo psicologico più marcato e convincente rispetto a quello originale. Una strega che non solo non manifesta alcuna malvagità, ma che trasmette addirittura una simpatia e una bontà d’animo sorprendenti: magari userà mezzi forse non del tutto leciti e ortodossi (leggi incantesimi e magie varie), ma i suoi scopi saranno spesso nobilissimi.
Incoraggiato da questo primo approccio, il Maestro inserisce Nocciola nel cast, seppure non da protagonista, dello straordinario “Dottor Paperus” (Topolino 188-189, 1958), probabilmente il capolavoro assoluto della produzione bottariana lato Disney. Bisognerà invece aspettare il 1960 per uscire dalla fase di studio ed entrare in una dimensione più matura, caratterizzata da risultati stilistico-narrativi di maggior pregio. Non del tutto soddisfatto del rapporto con Paperino, Bottaro decide di mettere sulla strada di Nocciola il candido Pippo, obbedendo probabilmente anche a un’inconscia ispirazione scaturita, molti anni prima, dalla lettura della storia di esordio di Eta Beta (Eega Beewa), insuperata creatura del duo Walsh-Gottfredson.
In “The man of Tomorrow” (in Italia nota come “Eta Beta l’uomo del 2000”, Topolino 1-5, 1949) uno dei leit-motiv della vicenda anticipa in qualche modo questo esperimento: il bizzarro aspetto e le curiose abitudini dell’improbabile omino proveniente dalla Pquarta Pdimensione, sbalordiscono l’intera Topolinia, eccezion fatta proprio per Pippo che per quasi tutta la storia arriva addirittura a negarne l’esistenza, nonostante possa vederlo, toccarlo e sentirlo!
Allo stesso modo, il primo incontro italiano fra Goofy e Hazel, che avviene in “Pippo e la fattucchiera” (Topolino 236, 1960), produce una situazione analoga: da una parte Pippo, l’ingenuità fatta persona, maggiormente pronto a credere alle più grandi panzane di questo mondo che non a fatti oggettivi, ma non alla realtà della buffa interlocutrice; dall’altra una strega in crisi di identità che tenta in ogni modo, facendo ricorso all’intero arsenale delle sue pratiche magico-illusionistiche, di convincerlo della sua effettiva essenza streghesca. Ma invano, poiché l’amico di Topolino, rifiutando l’evidenza, si convincerà che chi gli sta davanti è solo una povera vecchietta un po’ fissata e bisognosa di cure. Il tutto, è bene sottolinearlo, in una girandola irresistibile di gag a dir poco esilaranti.
La storia ha così successo che, puntualmente, lo stesso anno esce “Pippo e i missili antimaliardi” (Topolino 262, 1960), in cui i due personaggi riprendono la loro battaglia personale, fatta di mirabolanti dimostrazioni magiche e di conseguenti disconoscimenti di attendibilità. Una storia, questa, con una trama più articolata; qui, infatti, Pippo, il Commissario Basettoni e Orazio cercano di risolvere l’enigma dei missili partiti da Capo Rimbombo, misteriosamente scomparsi e trasformati in una pioggia di caramelle. L’indagine non porterà a nulla, ma il lettore conoscerà ugualmente la soluzione del giallo: la responsabile è proprio Nocciola che, imbeccata dal Sindacato delle Streghe, distrugge i razzi subito dopo la partenza, in modo da non farli arrivare sulla Luna, luogo di elezione per i sabbah magici. Una metafora della paure della Bomba Atomica in piena Guerra Fredda che viene qui esorcizzata dal convinto pacifismo di Bottaro, con umorismo e fantasia.
Negli anni successivi le vicende di Pippo e Nocciola ritornano in diverse storie: a titolo di esempio ricordiamo “Paperino e la pensione ai poveri diavoli” (Topolino 312, 1961), “Pippo e il fantasma migratore” (Topolino 319, 1962), “Pippo e il telescrocco” (Topolino 397, 1963), “Pippo e la bellissima strega” (Topolino 449, 1964), e molte altre. In questi lavori, accanto alla riproposta del classico tormentone fra i due personaggi (diventato ormai un vero e proprio segno di distinzione), Bottaro completa e affina il profilo psicologico e caratteriale di Hazel. Della strega il personaggio conserva soltanto gli stereotipi esteriori (cappellaccio a tuba, vestito d’ordinanza, mento e naso bitorzoluti), mentre il profilo caratteriale è totalmente fuori dalla norma. Nocciola cerca in continuazione di uscire dal cliché di strega brutta e scellerata, anche se quasi mai con successo. Un tormentone che per Bottaro non è solo una formidabile scusa per costruire situazioni esilaranti, ma anche un efficacissimo mezzo per delineare e affinare ulteriormente le caratteristiche dei suoi interlocutori, Pippo in primis, che dal confronto con la strega ne escono arricchiti e rafforzati.
Una straordinaria evoluzione che interessa, ovviamente, anche l’aspetto grafico: se in “Paperino e l’aspirapolvere fatato” l’autore ricalca Barks e di Gottfredson (rispettivamente in Nocciola e in Basettoni), in seguito si sposterà sempre di più verso una reinterpretazione soggettiva, per arrivare all’inconfodibile tratto delle sue storie dei primi anni Sessanta. Trasformazione questa che va, ovviamente, oltre il personaggio qui in esame, ma che accompagnerà tutta la sua opera futura.
(n.b. tutto il materiale iconografico è )