Tra le moltissime invenzioni che la matita del Maestro di Rapallo ha negli anni saputo creare, la serie dei Postorici è senza dubbio una delle più apprezzate e intelligenti. Nati sul finire degli anni Cinquanta, nel 1957 per la precisione, ai limiti cioè della Guerra Fredda, di quel periodo storico riflettono le ansie: il XX Congresso c’e già stato, ma di coesistenza pacifica non si parla ancora e la guerra nucleare appare come una tragica e neanche troppo remota possibilità. Ecco allora che l’ambientazione scelta da Bottaro, quella di un mondo costruito sulle ceneri di una catastrofe nucleare, di una civiltà regredita di colpo alla sua infanzia troglodita, assume una sua valenza tutt’altro che fantascientifica: non che oggi, a mezzo secolo di distanza, l’attualità sia venuta del tutto meno, ma l’umanità appare più conscia del pericolo supremo e sembra avere più mezzi, politici e culturali, per evitarlo. O almeno così si spera.
La maggior parte della popolazione mondiale è stata dunque cancellata, il progresso tecnico e la civiltà, cosi come noi li conosciamo, si sono dissolti; i pochi sopravvissuti devono muoversi in un ambiente pericoloso e ostile, un mondo che ha subìto, a causa delle radiazioni, profonde mutazioni. La commedia che i cavernicoli bottariani recitano dalla loro prima avventura, con una popolarità mai venuta meno e una acutezza affinata negli anni, è tutta giocata sulla dicotomia tra la ragione, incarnata dal saggio e generoso Pitagora (che negli anni assumerà sempre di più il ruolo di protagonista), che ha compreso l’enormità dell’errore e cerca di impedirne la riproposizione, e la stolida acquiescenza, che trova un campione nel fatuo e godereccio, ancorché irresistibilmente simpatico, Professor Elia; il quale, stolidamente, nulla ha imparato dalla sua condizione di sopravvissuto all’olocausto nucleare.
Tra questi due poli si muove una serie di comprimari, che, nella loro generalità, sono ben distanti, per convinzione ideologica (il Gran Sacerdote e i membri dell’Accademia) o per pura insipienza (Pinko e Ponko, non degni discepoli di Pitagora), dal comprendere e accettare quello che in realtà e avvenuto. Da dove nasce questa serie? È dagli inzi degli anni Cinquanta che Bottaro ha in mente qualcosa del genere: già in Aroldo compaiono due bande di cavernicoli che molto presto forniscono all’artista ligure idee, spunti e schizzi su una nuova serie con protagonisti una famiglia di cavernicoli, i Kolossantropi. Di questo lavoro resta solo una tavola in cui i trogoditi danno la caccia a una mosca a reazione (chiaro esempio di mutazione postatomica). Con gli anni il progetto prende forma, finché il Maestro di Rapallo scrive e disegna per la parigina Sagédition la prima avventura con protagonisti Pinko, Ponko e, appunto, i Kolossantropi e il noioso insetto, “Et tout ça pour une mouche”.
Ma questa storia ha un difetto: è troppo lunga (sedici pagine contro le dodici richieste), per cui comparirà nelle edicole solo dopo la pubblicazione, sul numero di luglio del trimestrale Pépito Géant, di “Pinko et Ponko dans la préhistoire”, scritta in un secondo tempo e affidata alla matita di Franco Aloisi. Quasi immediatamente a Bottaro viene in mente che questi cavernicoli possano essere dei sopravvissuti a un olocausto nucleare: un’idea che inizialmente fu difficile far accettare alla casa editrice, tanto che il primo episodio del nuovo corso fu tradotto in francese nascondendo ogni riferimento a questo aspetto, ma che in seguito si rivelò vincente per la sua originalità.
Dopo qualche anno di interruzione (con traduzioni in Italia e all’estero), nel 1970, la rivista Whisky et Gogo pubblica nuove avventure di Pinko e Ponko, ribattezzando la serie, per l’appunto, “I Postorici” (“Post-historiques”) con protagonista indiscusso il buon Pitagora che tenta invano di convincere i vecchi e ottusi barbogi dell”Accademia delle Scienze’ che nel passato c’è stata una civiltà più evoluta di quella attuale.
Per quanto abilmente dissimulata dalla godibilità immediata del teatrino post-nucleare, è l’osservazione del comportamento umano il centro dell’attenzione di Bottaro: Elia che insegue belle ragazze in abiti discinti o i cavernicoli che giocano con i rottami delle auto sono aspetti diversi di una immaturità di fondo, quella stessa che muove la nostra umanità, per fortuna ancora indenne dalla prova attraverso la quale i character del Maestro di Rapallo sono già passati.
E se possiamo solidarizzare e anche provare una punta di invidia per le avventure amorose dell’epicureo Elia, o guardare con occhio divertito ai mostri che dal caos del dopo-bomba sono rinati (e in cui, per inciso, risalta in pieno l’immensa capacità grafica dell’artista ligure), occorre che lo facciamo con l’animo di chi è stato avvertito. L’amara ironia che attraversa tutta la serie e la unifica è inscindibile dalla cultura etica di Bottaro.
In questa sottile forma di distacco la ripulsa per la guerra in ogni sua forma trova modo di esprimersi, evitando la trappola del moralismo fine a se stesso. Nello stesso momento anche il pessimismo di fondo dell’autore ci appare in una prospettiva quasi malinconica, eppure indubbiamente chiara: aldilà della simpatia che certi tipi umani possano ispirare, nella loro fragilità o fanciullesca leggerezza, il mondo è popolato per lo più da Elia, da Pinchi e da Grandi Sacerdoti. Certo, esistono anche i Pitagora: il vero dramma della storia e che difficilmente potranno mai prevalere.
Dopo il Duemila c’è stato un risveglio da parte dell’editoria specializzata nei confronti di questa serie. Nel 2001 è infatti uscito per le Edizioni Darsena (Corso Viglienzoni, 78r 17100 Savona) il volume Post’ – Almanacco dei Postorici, mentre nel 2004, in Francia, la Roland Jouve Editions (109, Bd Sérurier 75019 Paris – France), specializzata nel fumetto umoristico, ha pubblicato Pythagore génie incompris, con una bella introduzione del critico Gérard Thomassian.
Nel dicembre 2017 i Postorici sono entrati nel Museo Archeologico del Casentino di Bibbiena (in provincia di Arezzo) con la mostra, ideata e curata da Giuseppe Scapigliati e Giovanni Nahmias, “I Postorici – Cronache del mondo dopo la guerra termonucleare inventate di sana pianta da Bottaro”, accompagnata dall’omonino catalogo.