Giovedì 10 gennaio, in abbinamento con il Il Corriere della Sera, esce in tutte le edicole la storia “Paperino e l’Isola del Tesoro”, un fumetto scritto e disegnato da Luciano Bottaro in collaborazione – alla sceneggiatura – con Carlo Chendi. Si tratta della terza uscita della collana I Classici della letteratura Disney, giunta alla seconda edizione, serie a fumetti in volumi cartonati dedicata alle Grandi Parodie disneyane.
“Paperino e l’Isola del Tesoro”, scritta nel 1959 (prima uscita su Topolino 216-218, 1959), è un autentico gioiello. La storia, che – come è noto – è ispirata al notissimo libro di Robert Louis Stevenson, segna il ritorno quasi a tempo pieno del Maestro di Rapallo anche al ruolo di sceneggiatore. La vicenda è ambientata all’epoca dei corsari, espediente che costituirà lo sfondo per tante memorabili avventure disneyane e non in futuro (vedi Pepito).
Molto ci sarebbe da dire attorno a questa parodia, in cui il disegno ha raggiunto una maturità piena e vigorosa, sorretto com’è da un tratto sicuro e senza sbavature che si esplicita in vignette indimenticabili. Non mancano nemmeno, tra gag esilaranti, alcune punte dal sapore un po’ macabro, come la sciabolata con cui Paperone affetta il naso a un Bassotto.
Completano il volume – che costa 6,90 € – le storie “Zio Paperone in… Capitani coraggiosi” (1996), scritta e disegnata da Guido Scala e “Il fantasma di Canterville” (1990), scritta da Alessandro Sisti e disegnata da Roberto Marini.
Sono un appassionato dell’opera di Luciano Bottaro e ho deciso di acquistare il volume. Questo racconto, come molti altri, in origine era diviso in varie puntate (in questo caso tre). Non riesco a capire e a giustificare la scelta Editoriale di tagliare e modificare l’ordine cronologico delle vignette in corrispondenza della fine della prima parte e l’inizio della seconda (pagina 48 del volume), e l’aggiunta di ben due tavole (non disegnate da Bottaro), tra la fine della seconda parte e l’inizio della terza (pagine 77 e 78). Ho paura che anche altre storie hanno subìto o subiranno tali “correzioni”. Perchè non si riesce ad avere rispetto per l’originale?
È la stessa menomazione che ha sempre fatto la Disney quando ristampava le storie a puntate nei Classici (faceva addirittura disegnare a Perego – che non era proprio un Picasso – delle orribili vignette di riempimento). Sembrava quasi che rispettare la scansione originale limitasse la comprensibilità della lettura. Un timore assurdo e ingiustificato, oltreché una clamorosa mancanza di rispetto all’integrità artistica degli autori. Il Corriere ed altri editori, con pochissime eccezioni (mi vengono in mente i volumi cartonati gialli dell’ormai defunta Comic Art), hanno sempre fatto così, senza rendersi conto della stupidaggine.